UNA RELAZIONE PER UN’ACCADEMIA

Si chiama Pietro il Rosso la scimmia cui Franz Kafka dà voce nel 1917 con un racconto breve pubblicato su una rivista, che si presenta già con una forma teatrale. Catturato mentre è con il suo branco, Pietro è ferito da due pallottole, una al volto, che gli darà il soprannome di “il rosso”, l’altra all’anca, che lo rende zoppo. Dopo la prigionia, in una cassa mentre raggiunge l’Europa su una nave, Pietro capisce: può imitare molto bene gli uomini, può in questo modo garantirsi la libertà, o meglio, una forma di libertà, che lo porterà ad esibirsi nei teatri. Dopo quasi cinque anni, gli antropologi che lo invitano all’accademia per ascoltare la sua storia e trovano davanti a loro una scimmia-uomo calma, riflessiva, ironica, che racconta il suo percorso con una vena di malinconia, rabbia ed accusa che percorre tutto il racconto. Tommaso Ragno interpreta il testo di Franz Kafka, accompagnando il pubblico in un viaggio intenso e singolare. Quello di una scimmia che dopo esser stata catturata e portata nel mondo civilizzato, racconta il processo di apprendimento che le ha permesso di sopravvivere e adattarsi alla civiltà moderna, con due strade tra cui poter scegliere: o la gabbia del giardino zoologico o il varietà. Come molte delle opere di Kafka, anche UNA RELAZIONE PER UN’ACCADEMIA non ha un unico significato monolitico ma suggerisce invece una varietà di interpretazioni. Ognuno può concentrarsi sull’aspetto che preferisce di questa storia: vederla come una favola sull’evoluzione umana; sul confine tra umano e animale che è sempre arbitrario, sul compromesso tra libertà e via di fuga, e cosi via. Per certi aspetti, la storia è un’altra delle “metamorfosi” di Kafka, come quella del suo racconto breve e di trasformazione più conosciuto.